La sindrome dell’apnea ostruttiva del sonno (OSAS) è definita come una interruzione del flusso respiratorio della durata di almeno 10 secondi a causa della transitoria ostruzione delle vie aeree superiori (vestibolo nasale, nasofaringe, orofaringe, ipofaringe), in presenza di uno sforzo ventilatorio toracico ed addominale mantenuto per tutta la durata dell’episodio. Per ipopnea si intende invece una transitoria riduzione del flusso respiratorio tale da causare una significativa ipossiemia.

I criteri adottati per la definizione di ipopnea sono diversi.

Comunemente si considerano significative una riduzione del flusso ventilatorio superiore al 50% rispetto ai valori di base per una durata di almeno 10 secondi e/o una riduzione dell’ossiemoglobina superiore al 4%.

La sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS), è una condizione caratterizzata da 5 o più episodi di apnea per ogni ora di sonno (indice di apnea) o da un numero di apnee e ipopnee superiore a 10 episodi per ogni ora di sonno (indice di apnea/ipopnea).

Il disturbo è estremamente frequente dal momento che sembra riguardare dal 10 al 30% della popolazione.

I soggetti affetti da OSAS, a causa della cattiva qualità del sonno caratterizzato da russamento intermittente e frequenti risvegli, manifestano una serie di problemi in grado di interferire con la loro vita di relazione, quali la eccessiva sonnolenza diurna, la diminuzione delle performance lavorative, diminuizione della capacita’ di concentrazione.

Non mancano inoltre le problematiche di interesse neurologico.

Oltre alle frequenti cefalee mattutine, ai disturbi del tono dell’umore ed ai deficit cognitivi, caratterizzati essenzialmente da deficit di memoria, è stato ormai dimostrato che la sindrome delle apnee notturne rappresenta un fattore di rischio in- dipendente di ictus cerebrale.

Diversi studi hanno evidenziato che un elevato numero di pazienti con storia recente di ictus o attacco ischemico transitorio può presentare episodi di OSA.

Le varie ricerche riportate in letteratura sono sempre concordi nel dimostrare che le OSA sono significativamente più frequenti nei pazienti affetti da patologie cerebrovascolari rispetto a soggetti di controllo della stessa età e con fattori di rischio vascolare comparabili, indicando una prevalenza del disturbo tra il 62 e l’80%. In alcuni studi, è stato anche suggerito che la presenza di OSA possa avere un impatto negativo sulla prognosi funzionale a breve termine.

Problematiche aperte

Come scritto in precedenza, i dati derivanti dalle varie indagini effettuate per verificare la presenza di una possibile associazione tra OSA e malattie cerebrovascolari hanno suggerito la possibilità che esista una relazione tra le due condizioni.

Tuttavia rimangono ancora numerose problematiche irrisolte sul tipo di legame fisiopatogenetico che unisce il disturbo del sonno con la malattia cerebrovascolare.

Un aspetto particolarmente controverso riguarda il fatto che l’alta prevalenza delle OSA nei pazienti affetti da stroke possa essere interpretata non solo come prova di una maggiore suscettibilità a di- sturbi della circolazione cerebrale in presenza di alterazioni del respiro notturno, ma anche, al contrario, come possibilità che le stesse lesioni cerebrovascolari possano indurre anomalie del respiro durante il sonno.

Tuttavia, questo problema interpretativo sembra essere, almeno parzialmente, superato dai risultati di alcuni studi di controllo che hanno dimostrato che in pazienti affetti da russamento e OSA, il rischio relativo di stroke è significativamente più alto rispetto a quello di soggetti con sonno normale.

Tale condizione di aumentato rischio appare ancora evidente dopo la correzione per i fattori di rischio vascolare associati.

Questo tipo di relazione è ulteriormente rafforzato dal risultato di studi prospettici che hanno dimostrato un aumento della probabilità di andare incontro ad un evento cerebrovascolare ischemico in presenza di russamento notturno e di incremento della durata del sonno associata a sonnolenza diurna, considerate come suggestive della presenza di OSAS.

Il secondo problema aperto riguarda la possibilità che l’alta frequenza con cui l’OSAS si manifesta in associazione con lo stroke possa essere semplicemente basata sul fatto che entrambi i disturbi si manifestano frequentemente in pazienti che presentano fattori di rischio vascolare come alcune cardiopatie, l’obesità, l’ipertensione arteriosa, il fumo di sigaretta e una storia di abuso etilico.

In altre parole, esiste un ragionevole dubbio che OSA e stroke, più che condizioni legate da un meccanismo di causa-effetto, possano più semplicemente considerarsi come condizioni di comorbidità.

In realtà, quest’ultimo concetto sembra essere confutato dai risultati degli studi citati in precedenza che hanno dimostrato che i disturbi del respiro correlati al sonno rappresentano fattori di rischio cerebrovascolare indipendentemente dalla coesistenza di altre condizioni che possono incrementare il rischio vascolare.

È stato anche rilevato come la associazione tra disturbi del sonno e ipertensione sia in grado di incrementare ulteriormente il rischio di stroke.

Una evidenza indiretta a supporto dell’ipotesi che i disturbi del respiro correlati al sonno rappresentino un fattore di rischio indipendente per malattia cerebrovascolare, deriva da studi che hanno dimostrato che l’ OSA si associa a modificazioni fisiopatologiche, sia a breve che a lungo termine, in grado di poter spiegare la genesi dell’insorgenza di disturbi cerebrovascolari, che per lo più regrediscono o scompaiono dopo terapia con ventilazione continua a pressione positiva ( NCPAP).

Meccanismi patogenetici a breve termine

Molti studi hanno mostrato che durante le apnee notturne si verificano varie modificazioni metaboliche, cardiologiche ed emoreologiche che possono avere un ruolo importante nel determinare e precipitare i disturbi cerebrovascolari.

In coincidenza con gli episodi di apnea, soprattutto al momento della ripresa della ventilazione, si verificano aumenti significativi della pressione arteriosa sistemica.

La ridotta saturazione di ossigeno e l’aumento dell’acidosi, l’elevata attività del sistema simpatico e lo sforzo ventilatorio, sono alcuni dei meccanismi coinvolti nell’aumento della pressione arteriosa sistemica.

La grave accentuazione dell’aritmia sinusale che può accompagnare l’episodio di apnea associata all’ipossiemia, possono indurre disturbi di condu- zione ed aritmie maligne.

È possibile pertanto che, durante gli episodi apnoici, la riduzione della pressione parziale di O2, le aritmie cardiache, le oscillazioni della pressione arteriosa possono indurre scompensi circolatori in pazienti suscettibili.

In aggiunta, l’elevazione dei livelli ematici di catecolamine e l’iperattività del sistema nervoso simpatico possono portare, oltre che all’incremento dei valori pressori, anche ad una modificazione dell’attività piastrinica responsabile di una accentuazione della viscosità ematica.

Queste modificazioni di attività piastrinica sono significativamente più marcate nei pazienti affetti da OSAS.

Oltre a questi effetti sono state descritte fluttuazioni della pressione di perfusione cerebrale.

Più specificamente, durante gli episodi di apnea, l’aumento della pressione intratoracica determina un ostacolo al deflusso venoso cerebrale che a sua volta può provocare l’aumento della pressione intracranica con conseguente riduzione della pressione di perfusione cerebrale.

Altri studi hanno dimostrato nei pazienti affetti da OSAS la presenza di anomalie dei meccanismi di autoregolazione cerebrovascolare.

 

Fonti :
Roberto Baruffaldi, Chiara Lanciotti,
Marina Diomedi, Mauro Silvestrini
Clinica Neurologica,  Università di Ancona
Clinica Neurologica,  Università di Roma “Tor Vergata”